Vivere la Chiesa - catechesi

La spiritualità di S. Agostino 

Più si cerca Dio e lo si trova, più lo si ama; più lo si ama, più cresce il desiderio di cercarlo ancora.

Agostino risponderebbe: "Cercando te, mio Dio, io cerco la felicità della vita". Cercare Dio è andare in profondità nella propria vita, domandarsi il senso di quanto accade; scorgervi un significato che dà gusto e sostanza al vivere; cercare un "interfaccia" che ci comprenda e ci accolga nelle ansie e nelle inquietudini del cuore.

In un mondo segnato da eventi epocali oggi come allora, S. Agostino invita a non disperare, ma a guardare avanti con l'animo aperto alla speranza, perché è Dio che con la sua provvidenza guida la storia. La nostra vita è una ginnastica del desiderio: desiderio di Dio, che ci spinge a svuotare il nostro cuore dai desideri cattivi per riempirlo del desiderio del bene, e del sommo bene racchiuso in due sillabe: Dio.

Le domande che tormentavano Sant'Agostino:

  • Se c'è Dio, che è buono e vuole il bene per le sue creature, perché allora permette che ci sia il male e il dolore?
  • E perché l'uomo, che pure è fatto a Sua immagine e somiglianza, compie deliberatamente il male?

Dal punto di vista metafisico, Agostino si convinse di come il "male" (iniquitas) non esista, o, per meglio dire, non abbia consistenza. Esiste solo il bene, o i beni; il male invece, o i mali, sono semplicemente "privazione", mancanza di bene. In tal modo, svuotando il male di ogni valore ontologico, Agostino raggiunse l'obiettivo di confutare il dualismo manicheo. Per dirla come farà Tommaso d'Aquino, non esiste la bruttezza in sé, questa è semplicemente mancanza, privazione di bellezza; parimenti non esiste l'errore in sé, perché questo è semplicemente assenza di verità. A dimostrazione di ciò, Agostino proponeva un sillogismo:

  • tutto è stato creato da Dio;
  • Dio è sommamente buono;
  • dunque ogni realtà da Lui creata è buona, e non ne esistono di malvagie.

Chi è Dio

Chi è Dio? Qual è la Sua natura? Cosa vuol dire che siamo Suoi figli?

A chi non è mai capitato di porsi queste e mille altre domande almeno una volta nella vita? Chi dice di non averlo fatto, mente.

O non lo ha fatto... fino ad ora.

Che tu sia credente, ateo, agnostico, spirituale ma non religioso o che dir si voglia, se anche tu ti sei posto le stesse domande almeno una volta, questo articolo fa per te.

Qui di seguito troverai otto domande e le relative risposte, secondo la dottrina e il credo del Vangelo restaurato di Gesù Cristo.

CHI È DIO?

Prima di rispondere a questa domanda è bene chiarire il concetto di divinità. Noi crediamo che la divinità sia composta da tre Personaggi distinti e separati: Dio Padre Eterno, Suo Figlio Gesù Cristo e lo Spirito Santo.

I primi due hanno un corpo di carne ed ossa perfetto e glorificato. Lo Spirito Santo invece ha un corpo di spirito grazie al quale può dimorare in noi.

Questi tre Personaggi sono uniti in perfetta armonia in un unico scopo e un'unica volontà.

Dio Padre, o Elohim, è letteralmente il Padre dei nostri spiriti, il quale ci ha generati prima di venire su questa Terra:

«E Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina» (Genesi 1:27).

Egli è il supremo Padre dell'Universo. È onnipotente, onnisciente e onnipresente.

Dio è perfetto ed è un Dio di rettitudine i cui attributi principali sono: l'amore, la misericordia, la carità, la verità, il potere, la fede, la conoscenza e il giudizio. Egli ha ogni potere, conosce tutte le cose ed è pieno di bontà.

Ogni cosa buona proviene da Dio. Il Suo scopo supremo è quello di aiutare i Suoi figli a diventare come Lui.

In una epistola ai Romani Paolo insegna che «[...] se siamo figliuoli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se pur soffriamo con Lui, affinché siamo anche glorificati con Lui » (Romani 8:17).

Egli ci ha generati affinché un giorno potessimo ritornare alla Sua presenza e ottenere tutto ciò che Egli ha già.

CHI SONO I FIGLI DI DIO?


Tutti gli essere umani sono figli di Dio, poiché sono stati generati spiritualmente da Lui. A prescindere dal credo, dalla razza, dalla nazionalità ecc. ognuno di noi è figlio del Padre celeste, ed Egli ci ama indistintamente.

Ogni persona nata su questa terra, era nostro fratello o nostra sorella in cielo.

Poiché siamo i Suoi figli spirituali, abbiamo ereditato il potenziale necessario per sviluppare le Sue qualità divine, tramite l'Espiazione di Gesù Cristo.

Questa profonda ma semplice verità viene confermata nella Bibbia, che definisce Dio il "Padre degli Spiriti" (Ebrei 12:9). Quindi, ognuno di noi per diritto di nascita è un figlio di Dio.

Nelle scritture, il termine "figlio di Dio" viene altresì utilizzato per indicare tutti coloro che hanno fatto alleanza con Lui tramite il battesimo e che si sono impegnati a seguirLo mediante l'obbedienza ai Suoi comandamenti.

Attraverso il battesimo per immersione, che simboleggia la morte e la rinascita, nasciamo di nuovo in Dio per mezzo dell'Espiazione di Cristo.

Nel Nuovo Testamento, l'apostolo Giovanni ci insegna che il battesimo è necessario per dimostrare a Dio la nostra fede e la nostra disponibilità a seguirLo, e tornare un giorno alla Sua presenza:

«[...] a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli cioè, che credono nel suo nome [...]» (Giovanni 1:12) .

Questa stessa verità è stata rivelata ai profeti che vissero nelle antiche Americhe prima della nascita del Salvatore.

Nel Libro di Mormon - una delle opere canoniche principali della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni - il profeta Alma spiegò che «[...] tutta l'umanità, sì, uomini e donne, tutte le nazioni, stirpi, lingue e popoli debbano nascere di nuovo; sì, nascere da Dio mutati dal loro stato carnale e decaduto a uno stato di rettitudine, essendo redenti da Dio, diventando suoi figli e sue figlie» (Mosia 27:25).

Ognuno di noi è spiritualmente un figlio di Dio, dal quale ha ereditato il potenziale per diventare come Lui.

Tuttavia, soltanto coloro che stringono e mantengono delle sacre alleanze con Lui, avranno un giorno il diritto di diventare come Egli è e dimorare alla Sua presenza.

CHI È DIO PER I CRISTIANI?

Come abbiamo già menzionato, la divinità è composta da tre personaggi distinti e separati. Quello che nella cristianità viene comunemente definito Dio è Dio il Padre.

Tuttavia, grazie alle sue qualità e al suo operato anche Gesù Cristo viene spesso definito Dio, in quanto, avendo fatto tutto ciò che il Padre gli ha comandato ha già guadagnato tutta la gloria e tutto quello che Dio Padre possiede.

Inoltre, Gesù Cristo è Colui che ha creato il mondo e tutte le cose in esso contenute.

In Giovanni, Egli viene definito la Parola, e «la Parola era con Dio, e la Parola era Dio, [e] ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei» (Giovanni 1:1-2), pertanto fu proprio Gesù Cristo, dietro istruzione del Padre, a creare tutte le cose.

QUAL È IL DIO DEGLI EBREI?


Quando Abramo dimostrò la sua fedeltà a Dio, mostrandosi disposto a sacrificare quel figlio per cui aveva dovuto aspettare novant'anni, Dio fece alleanza con lui che avrebbe «[moltiplicato] la [sua] progenie come le stelle del cielo e come la rena [...] del mare», e che «tutte le nazioni della terra [sarebbero state] benedette nella [sua] progenie» (Genesi 22:17-18).

Tutta la progenie di Abrahamo da Giacobbe in poi (il cui nome venne mutato in "Israele") prese il nome di popolo di Israele. Gli ebrei sono i discendenti diretti delle cosiddette dodici tribù d'Israele.

Ma qual è la differenza tra il Dio in cui credono i cristiani e il Dio in cui credono gli Ebrei? Quando Mosè parlò con Dio attraverso il pruno infuocato Dio gli disse:

«Io sono l'Eterno, e apparii ad Abrahamo, ad Isacco e a Giacobbe, come l'Iddio onnipotente; ma non fui conosciuto da loro sotto il mio nome di Eterno» (Esodo 6:3).

Quando la parola Eterno compare nell'Antico Testamento solitamente si riferisce al termine ebraico Jahveh (o Geova) - 'Colui che è'.

L'apostolo Paolo spiegò che Cristo era il Geova dell'Antico Testamento (1 Corinzi 10:1-4). Fu pertanto Gesù Cristo - il cui nome prima di venire su questa terra era Geova - che fece alleanza con Abramo, che rinnovò le promesse dell'alleanza con Giacobbe e che parlò a Mosè attraverso il pruno ardente.

A conclusione del Libro di Mormon, il profeta Moroni si congeda da coloro che avrebbero letto il suo compendio di scritture dicendo:

«Ed ora dico a tutti addio. Andrò presto a riposare nel Paradiso di Dio, fino a che il mio spirito e il mio corpo si riuniranno di nuovo, e io sarò portato trionfante attraverso l'aria per incontrarvi dinanzi alla piacevole sbarra del grande Geova, il Giudice Eterno sia dei vivi che dei morti. Amen» (Moroni 10:34).

I profeti del vecchio e del Nuovo Mondo, tanto prima quanto successivamente alla Sua nascita, sapevano che Gesù Cristo era il Dio dell'Antico Testamento, Creatore del mondo e Colui che fece alleanza con il popolo di Abramo.

Erano a conoscenza della missione divina che Egli avrebbe portato a termine e del sacrificio espiatorio che avrebbe compiuto, tramite cui avrebbe liberato l'umanità dalle catene del peccato e della morte.

Quando Cristo venne tra i suoi, sotto le spoglie di un falegname, questi non ne riconobbero il ruolo di Salvatore.

Il popolo ebraico sta ancora aspettando la venuta di quel Messia che li libererà dalla schiavitù e restituirà loro la terra di eredità promessa.

Nella cristianità Gesù Cristo viene universalmente riconosciuto quale Figlio di Dio, Salvatore e Redentore del mondo.

COME POSSO SAPERE SE ESISTE DIO?


In Giacomo 1:5 leggiamo:

«Che se alcuno di voi manca di sapienza, la chiegga a Dio che dona a tutti liberalmente senza rinfacciare, e gli sarà donata».

Proprio come quando abbiamo qualsiasi altra domanda, se vogliamo sapere se vi è un Dio la prima cosa da fare è chiedere. Direttamente a Lui.

Egli ha istituito un mezzo di comunicazione efficacissimo tra noi e Lui, che non ha bisogno di credito, di ricezione o di tecnologie sofisticate: la preghiera. La preghiera è un dono inestimabile che Dio ha concesso a tutti i Suoi Figli.

In preghiera possiamo riversare a Dio tutti i nostri pensieri, i nostri dubbi, le nostre paure, la nostra gratitudine. E possiamo persino chiederGli di farci sapere se Egli è là e ci ascolta.

Ma una volta che abbiamo pregato, come facciamo a ricevere una risposta? Ognuno di noi è diverso, pertanto, il mondo in cui Egli si manifesterà sarà altrettanto diverso, ma sarà sempre comprensibile per noi.

Forse sentiremo ardere il nostro cuore o ci sentiremo avvolti da un amore e un calore che non avevamo mai sperimentato prima d'ora.

Forse sarà tramite una consapevolezza interiore del fatto che Egli c'è. Forse vedremo accadere quello per cui avevamo pregato.

Una cosa è certa, Egli risponderà. Probabilmente non nel modo o nei tempi che ci aspettiamo.

Potrebbe volerci più di una semplice preghiera per sapere che vi è un Dio; ma se abbiamo un sincero desiderio di conoscerLo e lo cerchiamo in umiltà di cuore Egli ci parlerà, e allora sapremo.

COME CAPIRE LA VOLONTÀ DI DIO?


Se tramite la preghiera noi comunichiamo con Dio, è tramite le scritture che Dio comunica con noi. Nella storia del mondo Dio ha sempre chiamato dei profeti.

Per mezzo dei Suoi profeti scelti Egli ci rivela la Sua volontà insieme a tutto ciò che dobbiamo fare per poter tornare a Lui un giorno.

Le scritture contengono tutto ciò che Dio ha rivelato agli antichi profeti. Inoltre contengono i comandamenti, che sono necessari per la nostra felicità, tanto quella terrena quanto quella che ci aspetta dopo questa vita.

Ma Dio è un Dio Eterno e non ha smesso di parlare ai Suoi figli. Ancora oggi Egli parla tramite i Suoi profeti scelti per far conoscere la Sua volontà a tutto il mondo.

La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, il cui capo è Gesù Cristo, è guidata da un profeta, i suoi consiglieri e dodici apostoli.

Oltre a comunicare a livello globale tramite i Suoi servitori scelti, Dio comunica individualmente con ognuno di noi, Suoi figli, al fine di farci conoscere la Sua volontà relativamente alla nostra vita e le nostre esigenze specifiche.

Tramite la preghiera possiamo chiedere al Padre celeste quale sia la Sua volontà per noi, e tramite le scritture, il digiuno e la rivelazione personale, possiamo sapere quello che Dio vuole per la nostra vita.

Nel libro di Mormon il profeta Moroni promette che «[...] mediante il potere dello Spirito Santo [potremo] conoscere la verità di ogni cosa» (Moroni 10:5).

COSA VUOL DIRE FARE LA VOLONTÀ DI DIO?

Nella Bibbia il Salvatore ci dice che se lo amiamo « [osserveremo] i Suoi comandamenti» (Giovanni 14:15).

Fare la volontà di Dio vuol dire obbedire ai Suoi comandamenti, anche quando questo va contro le tendenze del "mondo" o ci rende poco popolari agli occhi degli altri.

Nonostante questi comandamenti possano talvolta sembrarci delle restrizioni, sono in realtà per noi delle protezioni dai pericoli del mondo, e degli indicatori che ci mostrano la via verso una vita più felice e libera dalle conseguenze delle cattive azioni.

Potrebbe anche accadere che Dio ci dia dei comandamenti individuali, ovvero specifici per la nostra vita.

Fare la volontà di Dio vuol dire anche rinunciare a qualcosa di buono per qualcosa di migliore che il nostro Padre celeste ha preparato o sta preparando per noi, anche quando non siamo ancora in grado di vederlo.

PERCHÉ DIO MI HA ABBANDONATO?


O meglio, perchè a volte sembra che Dio mi abbia abbandonato? O che abbia deciso di non aiutarmi? Noi esseri umani abbiamo spesso una visione molto limitata delle cose e della vita.

Nel libro di Isaia il Signore ci ricorda che «[..] i miei pensieri non sono i vostri pensieri né le vostre vie sono le mie vie.

Come i cieli sono piú alti della terra, cosí le mie vie sono piú alte delle vostre vie e i miei pensieri piú alti dei vostri pensieri» (Isaia 55:8-9).

Lo stesso vale per le difficoltà che ci ritroviamo a dover affrontare, siano esse causate da fattori esterni, scelte sbagliate fatte da noi o scelte sbagliate fatte da qualcun altro.

Tuttavia, nonostante sia difficile sopportare con pazienza le afflizioni, queste hanno spesso uno scopo superiore e sono necessarie per la nostra crescita ed il nostro progresso.

Infatti, talvolta Dio potrebbe non liberarci subito dalle nostre afflizioni, ma ci promette che sarà sempre al nostro fianco e che ci darà la forza per sopportarle e uscirne vittoriosi.

Quando nel Libro di Mormon il popolo di Alma viene preso in schiavitù dal popolo dei Lamaniti, il Signore lo consola dicendogli:

«Ed allevierò pure i fardelli che sono posti sulle vostre spalle, cosicché non possiate sentirli più sulla vostra schiena, anche mentre siete in schiavitù; e farò ciò affinché possiate stare come miei testimoni d'ora innanzi, e affinché possiate sapere con sicurezza che io, il Signore Iddio, conforto il mio popolo nelle sue afflizioni» (Mosia 24:14).

Il conforto nei momenti di difficoltà è uno dei doni del Padre celeste, poiché ci aiuta a perseverare con fede fino al giorno in cui Egli riterrà opportuno liberarci dalla nostra "schiavitù".

Il popolo di Alma riuscì a sopportare tutte le afflizioni e le sofferenze inflitte dai Lamaniti, e al momento giusto il Signore lo liberò:

«Ed ora avvenne che i fardelli che erano stati imposti ad Alma ed ai suoi fratelli furono resi leggeri; sì, il Signore li fortificò cosicché potessero portare agevolmente i loro fardelli, ed essi si sottoposero allegramente e con pazienza a tutta la volontà del Signore.

E avvenne che così grandi erano la loro fede e la loro pazienza, che la voce del Signore venne a loro di nuovo dicendo:

State di buon animo, poiché domani io vi libererò dalla schiavitù. Ed egli disse ad Alma: Tu andrai dinanzi a questo popolo, e io andrò con te e libererò questo popolo dalla schiavitù» (Mosia 24:15-17).

Le scritture sono piene di messaggi di speranza, i quali ci fanno capire che mediante l'aiuto di Dio possiamo superare qualsiasi difficoltà. Nella sua epistola agli abitanti di Filippi l'apostolo Paolo testimonia:

« Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica» (Filippesi 4:13). Nell'antico testamento i profeti ci ammoniscono: «Confidati nell'Eterno con tutto il tuo cuore, e non t'appoggiare sul tuo discernimento.

Riconoscilo in tutte le tue vie, ed Egli appianerà i tuoi sentieri» (Proverbi 3:5-6).

Se nei momenti di prova ci fideremo di Lui abbastanza da fare quello che ci chiede, e non ci appoggeremo sulle nostre sole forze, saremo in grado di superare qualunque cosa.

Quando siamo noi stessi la causa dei nostri problemi, Dio ci promette che tramite il nostro sincero pentimento e grazie ai meriti dell'espiazione del Salvatore, tutte le cose possono essere messe a posto. Tuttavia, nonostante un pentimento sincero da parte nostra, forse non sarà possibile evitare le conseguenze delle nostre scelte sbagliate, ma se facciamo del nostro meglio e perseveriamo con pazienza, tutto ciò che sopportiamo sarà per il nostro profitto e ci porterà più vicini a Dio

Grieco Andrea

Le 3 cose da evitare quando si fa catechismo ai bambini


Un nuovo anno catechistico è iniziato. Nuove sfide, tanti buoni propositi, incontri, riunioni, momenti di formazione per i catechisti. Tutti a dire e a spiegare cosa il catechista dovrebbe fare, chi è chiamato ad essere; spunti per le attività e idee non mancano a nessuno ma occhio alle cose che proprio non bisogna fare con i bambini al catechismo! Quelle sono in pochi a dirvele!

Quali sono gli errori più comuni nell'evangelizzazione dei bambini?

Errore numero 1:

Il catechismo non è una materia scolastica.

Spesso al catechismo si tende ad avere un approccio scolastico: "la lezione di catechismo", c'è il quaderno, il sussidio-libro, i banchi, la cattedra. Le catechiste stesse spesso sono insegnanti o comunque persone che si comportano come se lo fossero. Il catechismo in realtà è altro... non è una "scuola della fede" ma un posto dove i bambini devono innanzitutto fare un incontro personale con Gesù. Un posto dove devono fare l'esperienza dell'amicizia con la persona più importante della loro vita: il Figlio di Dio. Le nozioni sono importanti e devono esserci, la dottrina deve essere trasmessa ma in un modo non scolastico ma esperienziale, fatto di storie, di condivisioni, e di impegni, di apostolato. Uno dei tratti distintivi della metodologia NET è proprio la missionarietà: far capire ai bambini che fare qualcosa per Gesù e per gli altri è bello e normale... una fede che si fa carne, che si mette all'opera. I bambini ne saranno felici, sperimenteranno una dimensione nuova: quella dell'apostolato. Facciamo di loro dei piccoli discepoli missionari.

Errore numero 2:

Il nostro non è un Dio meritocratico

I bambini crescono con adagi del tipo "se ti comporterai bene... allora...". Attenzione perché il Dio dei cristiani non è meritocratico. Lui ama sempre, ha sempre un progetto di bene su ciascuno di noi, indipendentemente dal nostro comportamento. L'amore di Dio non si compra a forza di buone opere o di preghiere ripetute. L'amore di Dio è gratis, lo si può solo accettare; così come gratis sono i suoi doni, il suo coronarci di grazie e saziarci di beni, ricordando il salmo 102. È importante che i bambini non registrino l'immagine sbagliata di un Dio che premia o punisce a seconda di come ci si comporti. Il primo e più importante compito del catechista è fare ai bambini l'esperienza del sentirsi amati a prescindere, comunque e nonostante tutto... sempre. Perché loro sono i figli prediletti del Padre!

Errore numero 3:

Non esistono solo "le femminucce"!

Eh sì, probabilmente con le bambine è più facile. Stanno più attente, sono più disciplinate ma... ci siamo chiesti il perché? Forse perché troppo spesso lo stile del catechismo ha un approccio troppo... "femminile". Bambini e bambine sono diversi, cerchiamo di proporre attività, giochi, esempi, approcci che possono coinvolgere anche i maschietti. Sicuramente ne saranno felici e seguiranno di più l'incontro. Ci sono aspetti di Gesù di cui purtroppo si parla troppo poco. Virtù tipicamente maschili come la forza, il coraggio, l'audacia. Presentiamo senza paura la bellezza di queste virtù che sono importanti anche per la nostra vita cristiana e che riusciranno ad affascinare anche i bambini.

Auguri di Buon Anno 2020 alla Comunita' Parrocchiale

Manca poco allo scoccare della mezzanotte che annuncia a tutti noi il 2020,un altro anno è quasi trascorso: si fanno ormai i bilanci di quest'anno che sta volgendo al termine. Ognuno rivede il proprio percorso di vita, i giorni trascorsi chiedendosi cosa ha fatto e cosa invece avrebbe potuto realizzare per sé e per gli altri, ma così non è stato. Il tempo è trascorso così velocemente nelle gioie e dolori di ognuno che ci sembra volato, ripensando ad un anno fa quando ci siamo scambiati gli auguri di "Buon Anno". L'Augurio è che il Nuovo Anno porti ad ognuno di noi la consapevolezza dell'importanza degli affetti, del vivere in modo straordinario l'ordinario mettendo da parte ogni nostro egoismo e permettendo invece al cuore di parlare ed esprimere tutti i sentimenti più belli che rendono concreto il messaggio che Gesù, per primo, ci ha dato: " Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato". Auguri alle persone che vivono un cammino di comunità, a coloro che sono in ricerca e magari si sentono lontani, perché sono anche loro parte di questa famiglia affinché possano trovare in noi aiuto a crescere. Auguri alla nostra Comunità, affinché in questo nuovo anno crescano la vitalità della testimonianza, la bellezza dei rapporti umani e il senso di appartenenza a questa nostra famiglia parrocchiale, alle nostre famiglie, cellule della società, ai nostri giovani, presente e futuro ricco della Comunità, ai nostri ammalati ed anziani, nostro sostegno attraverso la loro silenziosa preghiera del cuore. Auguri a quanti vivono e abitano le periferie esistenziali a causa di disagi, indigenza, prova, precarietà o mancanza di lavoro, fragilità nella fede, allontanamento da Dio, bisogni spirituali e materiali, assicurando la nostra concreta solidarietà che in più occasioni cerchiamo di testimoniare nella discrezione del nostro agire. Auguriamo la serenità del cuore che scaturisce dalla speranza a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che vivono nel nostro territorio, che con la loro laboriosità partecipano alla crescita della collettività e del bene comune. In questa nostra Comunità continuiamo a percorrere un segmento della strada della nostra vita, affinché lo rendiamo speciale e carico della forza della testimonianza che siamo chiamati ad offrire. Il Signore benedica tutti noi e i sogni più belli del cuore di ciascuno e della nostra parrocchia li porti a compimento. A tutti, di cuore, auguri di buon anno colmo di speranza e di calda umanità.



Casoria si prepara a celebrare il proprio Santo Patrono

San Mauro, il "figlio prediletto" di San Benedetto.


15 Gennaio di ogni anno Casoria festeggia non solo il suo Santo Patrono, ma anche il suo essere città a tutti gli effetti, cresciuta nei secoli di pari passo al culto di San Mauro Abate. Tra liturgia e festa popolare il 15 Gennaio è un appuntamento da non perdere. San Mauro esempio per i cristiani d'ogni epoca, che unisce una città, è la festa di tutta Casoria, una città che a distanza di secoli ha ancora voglia di stringersi attorno al suo protettore, riconoscendo che è proprio con lui che è nata la sua storia.La solennità di San Mauro ci rivela la coscienza della città, l'anima popolare della fede, della cultura, della "civiltà" di Casoria. In questi giorni di festa liberi da pregiudizi e ideologie, si avverte un'atmosfera di passioni moderate, si vive in una sospensione dei conflitti in una vera partecipazione civile, si respira un'aria di gioia. Questi sono valori di sostegno e di nutrimento a quell'appartenenza che fonda la cittadinanza e irrobustisce le virtù civili di cui si ha estremo bisogno: la tolleranza, la mitezza, la concordia. San Mauro unisce le diversità, allieta il cuore, privilegia ciò che è comune, esorta a guardare con sapienza le cose, il tempo, le persone in un orizzonte di benevolenza e di uguale destino.Un Santo che appartiene alla più nobile schiera santa, a quella, cioè, di coloro che, nella loro ora, non hanno rinnegato il loro credo, diventando veri testimoni della fede ed esempio per tutti i cristiani di ogni tempo. Un santo attorno al quale è più facile unirsi che distinguersi, trovando o ritrovando quell'identità che altrove manca.

Un santo che ha fatto dell'obbedienza la sua più grande virtù, uno di quei santi che operano nel silenzio dei monasteri e che vivono l'obbedienza come la più grande delle virtù umane. Si può parlare così di San Mauro, monaco benedettino del VI secolo e pupillo del grandissimo San Benedetto da Norcia.

Mauro, dodicenne, fu affidato a san Benedetto da suo padre, il senatore Equizio. Subito conquistato dall'ideale monastico, decise di procedere sulla via della perfezione: portava il cilicio, si coricava su un mucchio di sabbia, mangiava due volte alla settimana. Ardente nella preghiera, gli capitava di passare la notte a cantare i salmi. Tutte queste austerità non gli impedivano di fare la posta ai servizi che poteva rendere ai fratelli. Per cui san Benedetto credette utile per la comunità di farne il suo priore quand'era ancora molto giovane. E chiese per lui anche il diaconato.

Davanti agli altri monaci e religiosi del convento viene subito elogiato da San Benedetto come esempio di perfetta obbedienza. Sono, infatti, molteplici le gesta prodigiose attribuite a San Mauro e alla sua fedele sequela all'autorità. La più nota è quando il fratello Placido, andato ad attingere acqua, cade in un lago. San Benedetto chiama il "pupillo" Mauro e gli dice di correre a salvarlo perché stava per affogare. Mauro, obbedisce e, camminando sulle acque, riesce a tirare fuori dal lago il confratello.

Un altro miracolo a lui attribuito riguarda un bambino muto. Il piccolo, arrivato a Montecassino, è accompagnato dalla richiesta di benedizione di San Benedetto, ma l'Abate è assente. Mauro, tornato dai campi, fa le veci del priore: va incontro al bimbo e, dopo un primo momento di timidezza, lo benedice e lo guarisce.

Gli ultimi anni della sua vita lo collocano a Glanfeuil, in Francia, dove, sempre per mandato di Benedetto, avrebbe fondato un monastero sulla regola benedettina. Non a caso i religiosi della congregazione benedettina francese, sorta nel 1618, prendono il nome di "Maurini".

Come ogni anno Casoria si ritrova unita per festeggiare i riti e le tradizioni legate al Santo Patrono, San Mauro Abate, occasione di amore fraterno e concordia civica.

La solennità di san Mauro, discepolo di San Benedetto da Norcia, Patrono della città di Casoria che la Chiesa celebra il 15 gennaio, rappresenta per la comunità il rinnovo nella fede dell'ultrasecolare legame di comunione, unità, concordia e prosperità del suo popolo e tra le sue componenti civile e religiosa.

Un appuntamento irrinunciabile per l'intera comunità, che racchiude non solo i residenti, ma anche coloro che a causa del lavoro hanno dovuto lasciare il proprio paese d'origine. Chi potrà farlo, con il consueto entusiasmo farà rientro a casa per onorare il Santo e vivere nuovi momenti di forte e rinnovata aggregazione sociale.

E' questa un'occasione in cui la città si ritrova riflettendo sulle proprie radici, prende forza dal riconoscersi comunità per continuare la sua strada verso il futuro, con rinnovata fiducia.

La Festa costituisce per i casoriani occasione di esprimere al meglio il senso di aggregazione sociale, ed é per tutti un momento di riflessione, ma anche di pace interiore, che aiuta a superare i problemi di ogni giorno, unendoci nella preghiera nel chiedere "conforto, coraggio e serenità", tenendo desto il cuore di noi tutti e contribuendo ad infondere il sentimento della solidarietà, soprattutto verso coloro che in questo momento vivono un momento di dolore e di disagio.

La ricorrenza rappresenta nella vita della comunità un momento singolare e distintivo, che segna profondamente l'immagine della città ed il patrimonio culturale dei suoi abitanti generando una forte dinamica identitaria.

San Mauro viene invocato per guarire da ogni sorta di malattie e in tutte le situazioni di difficoltà e di pericolo.

Nel calendario liturgico la sua memoria cade il 15 gennaio, ma nelle località di cui è patrono i festeggiamenti in suo onore hanno luogo in date diverse. È venerato come patrono a Monacella frazione di Santa Venerina, Acicastello, Buscate, Gessate, San Paolo d'Argon,Ceresola di Berbenno (BG), Bruntino (BG), Viagrande, Cesena, Casoria (NA), Canterano, San Mauro Torinese, Mathi, San Mauro Castelverde, San Mauro Forte, Rovarè, Gerenzago e Noventa di Piave, Stella di Monsampolo (AP), Varcavello frazione di Diano Castello (IM). Inoltre è santo protettore di Acquaiolo di Parzanica e San Mauro La Bruca; in quest'ultima località viene festeggiato anche l'ultima domenica di aprile e di agosto. Insieme a San Martino è compatrono di Sarnico (BG).

Insieme a Santo Stefano protomartire è patrono di Ripa Teatina (CH), dove viene festeggiato la quarta domenica di maggio con una grande festa. Inoltre è uno dei patroni di San Benedetto Po (provincia di Mantova), insieme allo stesso San Benedetto e a San Simeone d'Armenia. È compatrono di Bomba (CH), dove viene festeggiato l'ultima domenica del mese di maggio e dove esiste il Santuario di San Mauro Abate. È compatrono di Arielli (CH) dove viene festeggiato, con grande partecipazione di popolo, l'ultima domenica del mese di maggio, mentre il sabato precedente viene ripetuta la suggestiva processione del "Perdono" di San Mauro intorno al perimetro esterno del santuario della Madonna delle Grazie che accoglie la statua del Santo. È patrono anche del piccolo paese di Castelmenardo in provincia di Rieti. In tale località, sul monte San Mauro, si trova una chiesetta a lui intitolata, eretta sui resti di un antico insediamento monastico benedettino. La devozione nei confronti del santo, festeggiato il primo di maggio, è anche qui molto sentita. È patrono anche del piccolo paese di Trambileno nei pressi di Rovereto in provincia di Trento. Si festeggia il 15 gennaio. Nella pala dell'altar maggiore della parrocchiale, opera del Casetti, è raffigurata l'immagine del santo che cammina sulle acque.

Natale 2019

Il Natale ricorda l'evento che ha cambiato la storia dell'umanità: il Figlio di Dio è venuto ad abitare tra gli uomini, "si è fatto come noi per farci come lui". 
Anche se nel frattempo nulla appare cambiato nel mondo rispetto al passato perché le guerre continuano a dominare sull'orizzonte, l'odio prevale su ogni volontà di amore, il futuro sembra farsi più buio che mai, la cultura dello scarto è prevalente in ogni campo. Eppure il Bambino di Betlemme emana col suo sguardo una energia talmente speciale da coinvolgere chiunque. È un Gesù che si fa dono, affronta tutti i rischi e le difficoltà comuni agli uomini, ci prende e ci conduce per mano, ci esorta ad uscire dal chiasso di feste che non sono festa per riappropriarci dei desideri profondi del cuore.  Vogliamo accostarci e contemplare il Bambinello, riportarlo dalla grotta del presepe nel cuore di ciascuno perché con Lui, preso sul serio, ce la possiamo giocare veramente la vita in uno stile di rapporti umani rinnovati, capaci di infondere in tutti fiducia e stimoli per uscire dalla disperazione di una umanità malata, della mancanza di un lavoro dignitoso, di situazioni di sofferenze diffuse e di vuoto di valori autentici e non effimeri.  



Pranzo della Solidarieta' 22 Dicembre 2018

L'iniziativa delle chiese del territorio nella Basilica di San Mauro Abate.

Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti (Luca 14,12-14).San Giovanni Crisostomo, Padre della Chiesa venerato dalle chiese cattolica e ortodossa, scriveva: "Vuoi onorare il Corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità. Colui che ha detto: "Questo è il mio Corpoˮ, è il medesimo che ha detto: "Voi mi avete visto affamato e non mi avete nutritoˮ, e "Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avete fatto a meˮ... A che serve che la tavola eucaristica sia sovraccarica di calici d'oro, quando Lui muore di fame? Comincia a saziare Lui affamato, poi con quello che resterà potrai ornare anche l'altare". Narra san Giovanni Crisostomo: «Nelle chiese c'era un'usanza ammirevole: i fedeli, riunitisi, una volta ascoltata la Parola di Dio, partecipavano tutti alle preghiere di rito e poi ai santi misteri. Alla fine della riunione, invece di tornare subito a casa, i ricchi, che si erano preoccupati di portare provviste in abbondanza, invitavano i poveri e tutti si sedevano a una stessa tavola, apparecchiata nella chiesa stessa e tutti senza distinzione mangiavano e bevevano le stesse cose. Si comprende come la tavola comune, la santità del luogo, la carità fraterna che si manifestava dappertutto diventavano per ognuno fonte inesauribile di gioia e di virtù. Queste parole di Giovanni Crisostomo attestano il legame indissolubile tra il servizio all'altare, l'eucaristia e la carità, l'amore per gli altri e per i poveri.La chiesa, spazio della presenza sacramentale di Gesù tra gli uomini, è anche il luogo in cui si onora il corpo di Cristo nel corpo dei poveri. Se non ha la sua radice in Cristo, la carità diventa una semplice forma di assistenzialismo o di ideologia. Liturgia e carità esigono un rapporto armonico che trova in Cristo la sua unità: non bisogna assolutizzare né l'una né l'altra, né separare l'una dall'altra. Se si stacca dalla carità, la liturgia diventa autoreferenziale; se si separa dalla liturgia, la carità perde il suo riferimento fontale, che è l'amore di Dio, e si riduce a filantropia.


Noi che siamo in cammino vi possiamo testimoniare che il Signore, attraverso l'ascolto continuo della Sua Parola, ha il potere di cambiare la nostra vita, di darle un senso e di ricostruirla ogni giorno.Il senso della nostra Comunità è quello del camminare insieme, aiutandosi reciprocamente, rivestendo lo spirito di Gesù, a entrare nella volontà di Dio. Ci sentiamo chiamati in maniera coinvolgente ad esercitare il nostro ruolo e ad assumerci le nostre responsabilità, sia nei confronti della Chiesa locale che nei confronti dei tanti giovani che da tempo frequentano le attività che vengono proposte in parrocchia, guidati dall'obiettivo che da sempre riteniamo fondamentale nell'azione educativa: formare giovani che saranno adulti e che avranno l'obbligo di effettuare le proprie scelte ponendo al centro di qualsiasi altra questione il rispetto per la complessità della persona e la molteplicità delle sue istanze. Donne e uomini che percorreranno le più svariate strade ma che saranno predisposti ad accogliere più che a porre ostacoli.

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